Ci risiamo, come di consueto in ottobre escono in libreria le guide dei vini, vengono assegnati i vari grappoli, i soli, i bicchieri ecc…Ogni guida avrà  dei vini premiati che non si trovano in nesssuna delle altre, ogni guida darà  risalto ai vini di una regione piuttosto che ad un’altra. Come sempre i vari giornalisti criticheranno le scelte fatte dalle singole guide. A proposito la tendenza di quest’anno è quella di valorizzare i vini meno conosciuti e con un buon rapporto qualità -prezzo. Ma servono davvero tutte queste guide?

Spesso il consumatore si lascia condizionare dall’aspetto estetico della bottiglia e non dal contenuto. Per studiare l’influenza del tipo di chiusura sulla qualità  del vino secondo come essa viene percepita dal consumatore, sono stati condotti degli esperimenti su vini commerciali ottenuti da uve Chardonnay e Merlot. I vini sono stati proposti due volte agli stessi consumatori: la prima volta senza che essi conoscessero il tipo di chiusura della bottiglia, la seconda mostrando loro la chiusura. Il risultato finale a confermato che i vini chiusi con tappo di sughero sono  stati giudicati più gradevoli e di qualità  rispetto agli stessi vini chiusi però con tappo sintetico o con tappo a vite. 

Interessante degustazione in verticale del vino Poggio ai Chiari, ottenuto da uve Sangiovese con una piccola aggiunta di Canaiolo,  prodotto dall’azienda agricola Colle di Santa Mustiola. Il proprietario, Fabio Cenni è una persona di altri tempi, schietto, trasparente, pacato, ma soprattutto una persona che non accetta compromessi di qualsiasigenere. Dal 1990 si è dedicato a tempo pieno nell’attività  di vignaiolo, riproducendo le piante migliori di Sangiovese e Colorino che erano presenti nei vecchi vigneti, credendo fermamente nella formula: ottima uva-ottimo vino. Le rese sono bassissime, l’uva viene raccolta a maturazione molto avanzata, i grappoli sono accuratamente scelti, le fermentazioni sono naturali con macerazioni lunghe e l’affinamento avviene in piccoli legni nuovi. L’azienda che si trova a Chiusi  produce solo questo vino e le bottiglie ogni anno sono circa ventimila. Il primo vino prodotto è stato nel 1992 e inizia proprio da qui la mia piacevole verticale.

1992 – Colore rosso aranciato, l’impatto olfattivo è intenso, franco e complesso, si riconoscono sentori di fieno secco, prugna secca, viola e note balsamiche di menta. Corpo di media struttura, sufficiente la sua persistenza con retrogusto di viola e minerale. Nel complesso vino piacevole anche se in fase discendente.

1993 – Rosso granato intenso con leggera sfumatura aranciata. Elegante e potente all’olfatto con sentori di cuoio, fieno secco e pepe. Al gusto presenta un tannino piacevole, inizialmente vellutato che termina un pò asciutto. Lunga la sua persistenza aromatica.

1994 – Rosso granato intenso, al naso regala nette sensazioni di cuoio, viola e menta. Al gusto sfoggia il suo equilibrio tra l’alcool e la freschezza degli acidià con un tannino ancora ben presente. Robusto, morbido e persistente.

1995 – Rosso aranciato molto evoluto. Al naso note di sottobosco, cuoio, prugna e balsamiche. Al gusto è ricco, sapido, minerale e avvolgente. Bel retrogusto di viola e prugna.

1996 – Rosso aranciato chiaro, si apre al naso con sentori vegetali, di cuoio, ciliegia, pepe nero  e terra bagnata. Al palato c’è un alcool abbastanza dominante e un tannino che tende ad asciugare nel finale. Persistenza non eccessiva, il vino risente dell’annata che non ha fatto maturare bene le uve.

1997 – Alla vista presenta un profondo rosso granato. Al naso nette sensazioni di tabacco, viola, ciliegia, pepe, fieno. Al palato presenta una bella struttura e un ottimo bilanciamento in tutti i suoi elementi. Notevole il retrogusto per spessore e potenza.

1998 – Colore rosso granato con sfumature mattonate. Piacevole e complesso al naso con sentori speziati, fruttati e floreali. Si riconoscono odori di pepe, noce moscata, liquirizia, ciliegia, prugna, viola. In bocca alcool e freschezza sono ben dosate e in equilibrio, il tannino è vellutato. Buona la persistenza. 

1999 – Vino dal bel colore rosso granato, all’olfatto evidenzia note fruttate che richiamano la confettura di ciliege, poi vaniglia, menta e viola mammola. Al gusto si presenta con una struttura media, morbido e con una piacevole sapidità . Buona la persistenza.

2000 – Appare di un bel colore rosso rubino con bordo granato. Naso intenso e complesso dai toni di cuoio, ciliegia, lampone, prugna, di viola, pepe e vaniglia. In bocca è caldo, con un buon equilibrio e tannino vellutato. Lunga e piacevole  la persistenza con un retrogusto di viola.

2001 – Rosso rubino luminoso, esprime intensi profumi speziati, fruttati e floreali. Si riconoscono odori di ciliegia, fragola, lampone, viola, vaniglia, pepe e liquirizia. In bocca la potenza alcolica è smussata da una vena fresca altrettanto importante. I tannini sono ancora aggressivi. Bel corpo e buona mineralità . Vino giovane che deve ancora migliorare.

2002 – Colore rosso rubino scarico. All’olfatto regala profumi di ciliegia, viola e spezie. Il corpo è medio e un po’ sfuggevole. Non particolarmente lunga la persistenza aromatica. Il vino risente dell’ annata scadente.

2003 – Rosso rubino intenso. Olfatto intenso e molto articolato con sentori fruttati, speziati e floreali. Si riconosce la ciliegia, la prugna, la vaniglia, il pepe e il cuoio. Al gusto è già  molto equilibrato e mette in evidenza una piacevole sapidità . Ottima la persistenza aromatica. Il vino è ancora giovane e quindi può ulteriormente migliorare.

Durante l’assemblea dell’O.I.V. che si è tenuta a Budapest lo scorso 15 Giugno è stata resa nota la nuova definizione di vino liquoroso, dove si prevede di poter aggiungere solo alcool di origine vitivinicola.

Questa è la nuova definizione:

” Il vino liquoroso è il prodotto che possiede un titolo alcolometrico effettivo superiore o uguale a 15% in volume e inferiore o uguale a 22% vol. Tuttavia uno Stato può, per il proprio mercato interno, applicare un titolo alcolometrico effettivo massimo superiore a 22% ma comunque inferiore a 24%. Il vino liquoroso è ottenuto a partire dal mosto d’uva ( compresi i mosti d’uva parzialmente fermentati ) e/o di vino al quale/ai quali vengono aggiunti, singolarmente o in miscela, distillati, acquaviti o alcool di origine vitivinicola. Si possono aggiungere uno o più dei seguenti prodotti: mosto concentrato o caramellato di uve, uve fresche stramature o resinate, mistelle, caramello. Tuttavia uno Stato può ammettere, per il suo mercato interno, l’utilizzo di alcool di origine agricola se questa utilizzazione è già  autorizzata nella regolamentazione di questo Stato alla data di adozione della presente, per un periodo limitato nel tempo”.

Tanti sono i cambiamenti avvenuti nel mondo enologico negli ultimi decenni. Solamente venti anni fà , l’attenzione era soprattutto rivolta all’analisi chimico-fisica del vino e nel vino veniva data una granda importanza alla gradazione alcolica come indice di qualità .Oggi l’attenzione è indirizzata a trecentosessanta gradi sulla degustazione: dalla fisiologia dei sensi, all’elaborazione dei risultati, con l’utilizzo di nuove schede, di nuovi descrittori. Cambia anche la terminologia che diventa più chiara e precisa, e con l’utilizzo della statistica si ottengono dei risultati molto più oggettivi. Affrontiamo le novità  più importanti: in seguito a ricerche sperimentali Francesi è stato dimostrato che i vari acidi in soluzione nel vino, non fanno differenza sul piano organolettico, a pari valore di pH e di potere tampone. Sinora, sfogliando i vari libri sulla degustazione era riportato che l’acido tartarico era considerato il più cattivo, “dava durezza al vino”, l’acido citrico era considerato migliore, con un gusto più fresco, ancora meglio il lattico considerato un acido rotondo e grasso. Un’altro luogo comune è crollato, per decenni la letteratura specifica ha evidenziato la diversa risposta delle papille gustative della lingua ai quattro sapori semplici. Un famoso disegno ripreso da tutti evidenziava delle zone precise di recezione sensoriale, il dolce sulla punta della lingua, l’amaro in fondo, ecc… Nella realtà  non esiste una sensibilità  specifica ai quattro sapori fondamentali, in quanto le fibre che compongono le singole papille sono reattive verso stimoli molto diversificati e in maniera poliedrica. Inoltre dal Giappone è arrivato il quinto sapore, l’UMAMI, dal sapore agrodolce paragonabile al glutammato di sodio dei dadi da brodo. Per finire un accenno riguardo alle sensazioni di amaro e astringenza dovute alla presenza dei tannini nei vini rossi. Da tempo non si mette in relazione la quantità  dei tannini al sentore di astringenza e amaro in bocca, ma si considera lo stato di condensazione dei tannini, ovvero la grandezza delle catene molecolari che si sono formate. Ma il discorso è più complesso, all’università  di Davis, un gruppo di ricercatori studia il problema amaro-astringenza, in tutte le sue componenti, in particolare il ruolo della saliva, dell’alcol, dei colloidi che interagiscono con i tannini. Forse si potrà fare chiarezza su una terminologia di cui si abusa in una certa letteratura di divulgazione, mi riferisco alla divisione dei tannini in classi: tannini dolci, amari o acidi.